"Coniuntiones et oppositiones luminarium anni Salvatoris nostri 1505"

Un raro calendario a stampa degli inizi del secolo XVI conservato nella Biblioteca comunale degli Intronati

Katia Cestelli

Pietro Buono Avogaro, Coniuntiones et oppositiones luminarium anni saluatoris nonri [!] 1505 ad meridianum inclite ciuitatis Ferrarie calculata [!] per celeberimum doc. m. Petrum Bonum Aduogarium ad horam horologij communis, [1504?], collocazione: M IV 045 [5]

Il calendario è uno dei prodotti più antichi e ricchi di implicazioni culturali della storia dell’arte tipografica. Tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo nella maggior parte d’Europa si passò progressivamente da una visione qualitativa dell’anno di ispirazione religiosa, in cui i giorni non avevano tutti lo stesso valore, a una concezione del tempo più laica e astratta basata sulla quantità e sulla numerazione. Rispetto a questo processo di apprendimento di una nuova misura del tempo, i calendari a stampa prodotti fra la metà del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento costituiscono una fonte molto importante, che permette di seguire il passaggio da pubblicazioni in cui l’anno era rappresentato semplicemente da proverbi sulle stagioni, rappresentazioni dei lavori agricoli, immagini di santi o previsioni astrologiche a prodotti tipografici in cui i 365 giorni, dal primo gennaio al 31 dicembre, sono numerati e incolonnati con precisione. Più avanti nel corso del XVI secolo la riforma gregoriana, varata nel 1582 da papa Gregorio XIII, oltre a rispondere a preoccupazioni di natura scientifica e a problemi di ordine religioso, avrebbe rappresentato anche un modo per la Chiesa di ribadire il proprio controllo sul calendario a fronte del diffondersi di questa nuova misura laica dell'anno. Già nella prima metà del secolo, infatti, l’uso della data come punto di riferimento essenziale determinò gradualmente la scomparsa di tutti gli altri sistemi fino ad allora impiegati per orientarsi nel tempo.

Si ritiene che siano stati prodotti calendari fin dai primi esperimenti della stampa con matrici xilografiche e con caratteri mobili. I calendari prodotti ai primordi dell’ars artificialiter scribendi erano generalmente stampati su fogli sciolti; il loro contenuto, in cui, come accennato, trovava ancora espressione una scansione del tempo di ispirazione religiosa, era di volta in volta costituito da tavole astronomiche con le congiunzioni dei pianeti nel corso delle stagioni, indicazioni della lettera domenicale (usata dal clero per risalire alla data delle domeniche) e del numero d’oro (impiegato per trovare la data della Pasqua), elenchi delle feste mobili, calendari dei santi. Stampati spesso in rosso e nero, erano di solito ornati da ricche cornici di legni xilografici, quasi sicuramente impiegati per più di un’edizione, raffiguranti immagini dei corpi celesti, segni zodiacali, ritratti di santi, di papi o di astronomi. Un famoso calendario, stampato in Italia, fu quello del Regiomontano, umanista tedesco trasferitosi a Roma presso la corte di Sisto IV. L’opera, contenente importanti riferimenti alle fasi lunari, fu prodotta a Venezia nel 1476 da una società costituita da Erhard Ratdolt, Peter Löslein e Bernhard Maler. Tra la fine del Quattrocento e la metà del secolo successivo ebbero, inoltre, particolare diffusione i calendari con la serie dei dodici mesi. In queste pubblicazioni si cercava di dare un senso alla suddivisione convenzionale dell’anno in dodici parti, introdotta da Gaio Giulio Cesare, associando ai singoli mesi rappresentazioni delle attività agricole o degli svaghi campestri tipici del periodo (tema introdotto dai Romani ed ereditato dai calendari medievali, in cui veniva inserito in una visione religiosa). Erano presenti, inoltre, proverbi e consigli sui comportamenti da adottare nei vari momenti dell’anno in merito, ad esempio, all’alimentazione o ai salassi. Nello stesso periodo sono attestate anche altre categorie bibliografiche affini a quella dei calendari, quali i lunari (libretti contenenti il calendario con le fasi della luna e il giornale dei santi), i pronostici (diffusi dal Medioevo al XVII secolo, destinati a un pubblico colto, contenevano le tavole delle effemeridi, un discorso sul pianeta dominante nell'anno, le congiunzioni dei pianeti nel corso delle stagioni con le relative conseguenze sul clima e sulle malattie, pronostici relativi alle guerre, alle calamità naturali, all'oroscopo dei potenti), le effemeridi (pubblicazioni che definivano la posizione degli astri nella volta celeste giorno per giorno) e gli almanacchi (nati dalla fusione delle precedenti categorie contenevano la sequenza dei mesi, illustrazioni, notizie utili, racconti, avevano una funzione di previsione e nel tempo si arricchirono di una serie di altri dati relativi a fatti storici, personaggi, vicende umane).

Come avviene per tutte le pubblicazioni di uso quotidiano e di larga lettura, le edizioni dei calendari furono spesso caratterizzate da un facile deterioramento e da un’esistenza effimera. L’attenzione del collezionismo nei loro confronti è iniziata tardi, in relazione allo svilupparsi di un interesse per la stampa popolare, soprattutto in Francia, a partire dalla metà del XIX secolo o grazie a studiosi di storia locale artefici di raccolte, in cui si conservavano ogni tipo di stampati che potessero costituire una traccia, sia pur minima, di specifici ambiti geografici, epoche o tipologie bibliografiche. Numerosi testimoni di questa produzione si sono più frequentemente conservati attraverso la pratica del riuso. Calendari furono impiegati nelle legature di testi a stampa o manoscritti per ricoprire l’interno dei piatti o con funzione di carte di guardia. In alcuni casi più copie di calendari sovrapposti e incollati gli uni agli altri fornivano addirittura il cartone di sostegno di una legatura. Esistono, inoltre, calendari conservati perché ristampati al verso (pratica possibile solo per i fogli rimasti in tipografia) oppure trasformati in oggetti d’arredo per via delle immagini contenute, così come sono stati registrati casi eccezionali di calendari a foglio ritrovati piegati tra le pagine di altri libri.

Un esempio di calendario tramandato attraverso la pratica del riuso è rappresentato da un raro esemplare conservato in un volume di incunabolo della Biblioteca Comunale degli Intronati. Si tratta di un calendario astronomico per il 1505 di Pietro Bono Avogaro, professore di astronomia dal 1467 al 1506 all’Università di Ferrara. La città a quel tempo era una fucina di interessi astronomici, come testimoniano la presenza di noti astronomi, quali Giovanni Bianchini e lo stesso Avogaro, e il grande interesse per queste tematiche da parte dei duchi Estensi, manifestato nel ciclo di affreschi del Salone dei mesi a Palazzo Schifanoia (ca. 1470). Il calendario posseduto dalla Biblioteca comunale degli Intronati è in latino, privo di note tipografiche, ed è stato ritrovato in duplice copia nella legatura dell'opera di Joannes Duns Scotus, Quaestiones in Universalia Porphyrii. Quaestiones in Praedicamenta Aristotelis. Quaestiones in librum De interpretatione Aristotelis, Venezia, Giovanni e Gregorio de' Gregori, 1492, proveniente dal convento di San Domenico di Siena. I due esemplari, entrambi ben conservati, costituiscono le carte di guardia anteriore e posteriore del volume. Il testo, dove figurano gli elementi tipici del genere all’inizio del Cinquecento (posizione dei corpi celesti, numero d’oro, lettera domenicale, liste di dies felices e dies infelices), è inserito in un’elaborata cornice, realizzata con tecnica xilografica, in cui sono raffigurati i simboli dei dodici segni zodiacali, le rappresentazioni personificate dei corpi celesti (Saturno, Giove, Sole, Mercurio, Luna, Venere e Marte) e cinque ritratti in tondo di astronomi. Corredano il testo due vignette, anch’esse realizzate con tecnica xilografica, che rappresentano rispettivamente la Luna e Marte, pianeta dominante dell’anno (vedi immagine).


Bibliografia

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